sabato 1 ottobre 2016

Osservare, Ascoltare, Manipolare



Molti si rivolgono all’osteopata solo in caso di mal di schiena o dolori muscolari. In realtà l’osteopatia può avere applicazioni molto più ampie e sta facendo il suo ingresso in contesti ospedalieri importanti.
Il principio di fondo su cui si basa l’osteopatia, nata a metà Ottocento per opera della geniale intuizione del medico statunitense Andrew Taylor Still, è molto semplice: qualunque sintomo è il risultato di una catena di cause la cui origine può situarsi anche in distretti corporei molto distanti. Così uno squilibrio muscolo- scheletrico può ripercuotersi su organi e visceri che, compressi e spostati, non funzionano più come dovrebbero. Compito dell’osteopata è  ricreare il giusto equilibrio e favorire il processo innato di auto- guarigione. La parola osteopatia richiama sia l’idea di sofferenza ossea (dal greco pathos), sia quella di un sentiero (dall’inglese path) tracciato nelle ossa dagli eventi della vita. A parte il costringere il corpo in posture innaturali, sobbarcarlo di pesi e indebolirlo con una vita sedentaria, anche traumi ed emozioni lasciano segni nei tessuti corporei.
L’osteopata osserva:  postura, appoggio plantare, morfologia del rachide, denti, occhi, capacità di movimento e modo di respirare. Indaga inoltre su eventuali traumi, fratture, cadute o interventi chirurgici che possono aver lasciato segni o scompensi corporei. Infine interviene con un trattamento manuale che si avvale di quattro tecniche fondamentali:  strutturale (manipolazione diretta di ossa, articolazioni, muscoli, tendini, legamenti), viscerale (compressione, decompressione dei visceri), craniale (tecniche craniosacrali) e fasciale o connettivale (lavoro su tessuti connettivi).
Spesso ci si rivolge all’osteopata in presenza di patologie ormai conclamate. In realtà, i maggiori benefici si ottengono intervenendo non appena sopraggiunge un sintomo. È possibile trattare i pazienti anche in fase acuta, l’unica accortezza è  quella di impiegare la tecnica giusta al momento giusto. Ad esempio, un paziente con osteoporosi conclamata non potrò trattarlo con tecniche di tipo strutturale, ovvero manipolando le ossa, poiché rischierei una frattura. Ma il buon senso dell’operatore deve estendersi anche al paziente, che dovrebbe imparare a diventare protagonista attivo e consapevole del proprio benessere, magari cambiando certe abitudini di vita. Sempre più spesso ricorrono all’osteopatia le donne in gravidanza, per far fronte ai disturbi legati ai rapidi cambiamenti posturali e circolatori, ma anche per facilitare il parto intervenendo sulla mobilità sacrococcigea, e nel post partum per ritrovare una postura confortevole e ripristinare i drenaggi linfatici e vascolari. Anche il neonato può trarre beneficio da questa disciplina, specie in conseguenza di parti difficili, che possono aver contribuito all’insorgere di disfunzioni con conseguenze muscolo scheletriche, disturbi del sonno, coliche e problemi intestinali.

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