domenica 3 gennaio 2016

AFORISMI PER RIFLETTERE


  • Non far passare un giorno senza aver fatto qualcosa che ti soddisfi.

 

  • Non far passare un giorno senza aver fatto qualcosa che aumenti la fiducia in te stesso.

 

  • Non lasciar passare un giorno senza avere un atteggiamento di gratitudine verso qualcuno, qualcosa, la vita.

 

  • Non far passare troppo tempo senza percepire la meraviglia dell’esperienza della vita.

    www.psicodangelo.it

domenica 15 novembre 2015

bicchiere d’acqua



Un professore della Facoltà di Psicologia fa il suo ingresso in aula. Il suo corso è uno dei più frequentati. Prima che inizi la lezione c’è un gran vociare tra gli studenti che, riuniti a piccoli gruppi, parlano tra loro.
Il professore tiene in mano un bicchiere d’acqua. Nessuno nota questo dettaglio finché il professore, sempre con il bicchiere d’acqua in mano, inizia a girovagare tra i banchi dell’aula. Il professore cammina, incrocia gli sguardi dei ragazzi, ma rimane in silenzio.
Gli studenti si scambiano sguardi divertiti, ma non sono sorpresi. Qualcuno pensa che il gesto serva a introdurre una lezione sull’ottimismo e sul classico esempio del bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto.
Il professore, invece, si ferma, e domanda ai suoi studenti:
“Secondo voi quanto pesa questo bicchiere d’acqua?“
Gli studenti sembrano un po’ spiazzati dalla domanda, ma in molti rispondono ipotizzando un peso compreso tra i 200 e i 300 grammi.
“Il peso assoluto del bicchiere d’acqua è irrilevante”
– risponde il professore –
“Ciò che conta davvero, è per quanto tempo lo tenete sollevato!“
Felice di aver catturato l’attenzione dei suoi studenti, il professore continua:
“Sollevatelo per un minuto, e non avrete problemi!
Sollevatelo per un’ora, e vi ritroverete un braccio dolorante…
Sollevatelo per un’intera giornata, e vi ritroverete un braccio paralizzato!“
Gli studenti continuano ad ascoltare attentamente il loro professore di psicologia:
“In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non è cambiato!
Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere sembra diventare pesante…
Lo stress e le preoccupazioni, sono come questo bicchiere d’acqua.
Piccole o grandi che siano, ciò che conta è quanto tempo dedichiamo loro.
Se dedichiamo ad esse il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risente.
Se iniziamo a pensarci più volte durante la giornata, la nostra mente inizia ad essere stanca e nervosa.
Se pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizza!”
Il professore capisce, di avere la completa attenzione dei suoi studenti, e decide di concludere il suo ragionamento:
“Per ritrovare la serenità, dovete imparare a lasciare andare lo stress e le preoccupazioni.
Dovete imparare a dedicare loro il minor tempo possibile, focalizzando la vostra attenzione su ciò che volete, e non su ciò che non volete!
Dovete imparare a mettere giù il bicchiere d’acqua!”
MORALE: Non affannatevi, dunque, per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno, basta la sua pena!

saluti da Virginia d'Angelo

giovedì 15 ottobre 2015

La Dipendenza Affettiva: quando rivolgersi ad uno psicoterapeuta.



L'Amore, sentimento fonte di gioia e di vita, ci può far stare male. Quando una persona che amiamo ci abbandona, soffriamo enormemente, sentiamo come se ci venisse strappato via il cuore, non sentiamo più il piacere per le cose della vita e, a volte, neanche più il dolore. Nulla ci da gioia e nulla ci da tristezza. Abbiamo la bocca troppo amara per sentirne i sapori. E' come un lutto: serve tempo attraverso il quale il dolore si possa trasformare. In molte situazioni, tuttavia, questa sofferenza stagna e si rimane bloccati per anni a vecchie storie d'amore, si rimane depressi, senza energia. Cosa ci succede? Entriamo in un labirinto buio: una parte di noi è lì che vuole restare, perchè attraverso la sofferenza stiamo ancora con la persona che sentiamo di amare: sentendo quanto ci manca, siamo con lei. Questo amore è una droga: ci fa male, ma ci piace e lo vogliamo. Un'altra parte di noi desidera uscire dal labirinto, ma ha paura. E' il terrore di ciò che trova fuori il labirinto: rimanere soli con la propria fragilità ed il proprio vuoto esistenziale. Alcuni miei pazienti, che soffrono di mal d'amore, mi chiedono di aiutarli a liberarsi da questa dipendenza eccessiva, ma, allo stesso tempo, ciò che vogliono veramente è stare, attraverso la terapia, con la persona che sentono di amare. Essi riempiono il vuoto attraverso il ricordo, alimentando la mancanza, l'idealizzazione e l'attenzione all'Altro e non a Sé. La domanda ricorrente che mi è posta è: Cosa devo fare?, insieme ad affermazioni: Voglio morire, senza di lui (o di lei) non posso vivere. Ritengo che in questi momenti di grossa sofferenza sia importante donare un po' di attenzione a se stessi e porci la domanda: Cosa veramente sta succedendo nella nostra mente, nel nostro corpo? Qual è il processo che ci ha condotto a quest'amore e a questa sofferenza? Si desidera la persona amata e soprattutto essere da questa desiderata perché è solo in questo modo che ci si sente valorizzati e confermati. E' il solo modo che si conosce per sentirsi bene con se stessi. E' fondamentale riflettere sul significato che l'innamoramento ha avuto, qual è stata la sua funzione. Per chi soffre di dipendenza affettiva (di mal d'amore), l'innamoramento rappresenta l'evitamento (una fuga) di quelle esperienze spiacevoli di inutilità, di depressione e di rabbia impotente sperimentate nelle prime fasi della vita. E' il sostegno di un vuoto ed esprime, quindi, l'intenzionalità di superare quel vuoto non attraverso se stessi ma attraverso un sostegno esterno: l'amato. Infatti il senso di vuoto sembra scomparire quando ci si innamora ed ancora il senso di vuoto ricompare quando l'innamoramento volge al termine. Tale vuoto risale al primo amore: al rapporto con le figure genitoriali. Se le figure genitoriali non sono sufficientemente calde e confermanti, il bambino trasforma i vissuti dolorosi in pensieri distruttivi per sé e le relazioni che andrà a costruire . Per paura di soffrire, man mano che cresce eviterà situazioni intime per non sentirsi ferito e deluso. L'innamoramento rappresenta, in questo caso, la ridecisione di amare che si poggia su un inganno: adesso riuscirò finalmente ad ottenere l'amore che non ho mai ottenuto. E l'illusione di ricominciare daccapo e di sperare in un finale diverso. L'innamoramento ci dà l'illusione di superare un vuoto, ma siamo soltanto noi che possiamo riempirlo attraverso l'elaborazione interiore (e non un sostegno esteriore). Quando una persona si innamora si dice che è cambiata, ma quando questo innamoramento finisce riaffiora la sua vecchia personalità. Il cambiamento reale è crescita che si sviluppa attraverso una reale comprensione e consapevolezza di se stessi e non dipende da un'altra persona. Una persona è cambiata quando è più forte e più autonoma. L'amore pieno e gioioso parte da se stessi. Se non sentiamo di avere sufficiente amore di noi stessi, abbiamo una bassa autostima. Cosa dobbiamo fare? Iniziare a donare attenzione a noi stessi, riflettendo sui propri meccanismi. Scegliamo di darci credito provando ad ascoltarci. E se da soli non riusciamo a fare ciò, compiamo una scelta di umiltà e di generosità verso noi stessi: siamo umili, chiediamo aiuto ad uno psicoterapeuta. Attraverso la psicoterapia, entriamo in contatto con il dolore, con il nostro vuoto esistenziale vivendo fino in fondo il bruciore di sentirsi esclusi e rifiutati. Senza questo processo ogni cambiamento sarà illusorio e rischiamo che stiamo meglio soltanto quando ci innamoriamo di un'altra persona, quando siamo totalmente dipendenti da un'altra persona e la storia si ripete. Il vuoto rimane perché è evitato e non riempito.

Flavia Morfini

giovedì 17 settembre 2015

LA RABBIA, IMPARIAMO A GESTIRLA



APPUNTAMENTO SUL SENTIERO DEL BENESSERE
seminario aperto a tutti
"LA RABBIA, IMPARIAMO A GESTIRLA"
NAPOLI un sabato in data da definirsi

LA RABBIA E' UN'EMOZIONE PRIMITIVA CHE CI ACCOMPAGNA IN TROPPE OCCASIONI. C'E' CHI LA REPRIME E CHI LA FA ESPLODERE.
E TU, PENSI DI SAPER GESTIRE LA TUA RABBIA?
AL NOSTRO SEMINARIO PUOI FINALMENTE IMPARARE COME SI FA!
a cura di:
Dott.ssa PATRIZIA FAZIO, OSTEOPATA D.O.
Dott.ssa VIRGINIA D'ANGELO, PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA

Orario: 10:30 - 13:00 e 14:00 - 16:00.
Dalle 13:00 alle 14:00 BUFFET dello chef Pasquale Catalano
Costo del seminario 50 euro (tutto incluso)

In questa giornata parleremo della rabbia e dei suoi effetti sulla nostra salute e sulla nostra vita.
Impareremo attraverso tecniche corporee e cognitivo-comportamentali a gestire la rabbia per vivere liberi
Per info e prenotazioni: 338/3571114 - 380/3174687
osteopatia.fazio@gmail.com
SITO: www.osteopatiafazio.it

L'evento si terrà a NAPOLI, nei pressi di Piazza Dante

sabato 1 agosto 2015

Cosa succede al fegato quando le emozioni vengono represse




Abbiamo parlato spesso di ciò che fa male alla salute del fegato, come un’alimentazione scorretta, le cattive abitudini, l’inquinamento o qualsiasi tipo di sostanza tossica presente nell’ambiente che ci circonda. Molte persone, pur facendo attenzione a questi aspetti per prevenire eventuali disturbi, lamentano problemi al fegato. Come mai?
In questo articolo vi spiegheremo in che modo il fegato risente delle emozioni negative che reprimiamo, in particolare l’ira, e come possiamo mantenerlo in buona salute in maniera naturale.
Che cosa nasconde il fegato?
Secondo l’antica medicina cinese, tutti gli organi sono legati ad emozioni specifiche di cui risentono. Questo ci dà degli indizi per scoprire quali sono le emozioni che scatenano determinate malattie croniche. Ad esempio, i polmoni sono collegati alla tristezza, mentre i reni alla paura.
Nel caso del fegato, si tratta dell’ira e della frustrazione, due emozioni che non dovrebbero essere represse perché non fanno altro che danneggiare quest’organo importante quasi come se mangiassimo alimenti ricchi di grassi non salutari.
L’ira e le altre emozioni
Stiamo parlando dell’ira, ma dobbiamo considerare anche emozioni correlate, come il rancore, l’amarezza, la rabbia, tutte ugualmente pericolose.
Un eccesso di ira repressa, inoltre, provoca un blocco del fegato, con conseguente irritabilità e fastidio fisico (tensione muscolare nella zona del collo e delle spalle, mal di testa, problemi alla vista, etc.). In questo modo, si entra in un circolo da cui è difficile uscire e ci si ritrova in una situazione, che se si prolunga nel tempo, può portare ad una malattia cronica.
Allora bisogna liberarle?
La soluzione per non reprimere le emozioni non è così semplice, anche perché chi ha questo problema trova qualche difficoltà a cambiare modo di reagire di fronte alla vita. Sentiamo continuamente parlare di persone che hanno attacchi d’ira di frequente e il buon senso ci dice che non è una cosa sana. Di fatto, in questo caso è il cuore l’organo che viene colpito.
Quindi qual è la soluzione? Vediamo insieme alcuni consigli per riuscire a sbloccare il fegato che di solito risente delle conseguenze di queste emozioni negative represse.
  • Acquisire consapevolezza
    Rendersi conto di ciò che sta accadendo è la prima cosa da fare per prevenire queste situazioni o impedire che si ripetano con una certa frequenza o intensità. Dovete imparare a conoscervi, valutare quali persone e quali situazioni scatenano in voi una reazione negativa come l’ira e in che modo la nascondete, in genere con un sorriso o semplicemente con il silenzio.
    In questo caso, potete rivolgervi ad un terapeuta che vi aiuti a gestire le emozioni e vi prescriva un trattamento omeopatico o i fiori di Bach, due rimedi naturali e senza effetti collaterali che possono garantire risultati positivi dopo poco tempo.
  • Imparare a comunicare
    Il primo passo per non reprimere le emozioni è comunicare. Parlate in tutta tranquillità di quello che provate e quello che vi fa star male, soprattutto con le persone a cui volete bene. In secondo luogo, con quelle con cui avete a che fare nella vita di tutti i giorni, in particolare in ambito lavorativo. È un passo difficile da fare, ma i risultati positivi vi incoraggeranno a sforzarvi sempre di più.
  • Fare attività fisica
    Lo sport è una grande soluzione per sfogare le proprie emozioni in quanto aiuta a scaricare la tensione fisica. Se volete sbloccare il vostro fegato, vi raccomandiamo di fare esercizi che prevedano di muovere il braccio destro. Quando muoviamo questo braccio, contemporaneamente massaggiamo e liberiamo il nostro fegato. Potete, quindi, optare per il tennis o kickboxing, ad esempio, secondo il grado di intensità di cui avete bisogno.
    Di tanto in tanto potete anche praticare sport all’aria aperta e, se possibile, lanciare qualche grido molto forte. Non sottovalutate quest’ultimo consiglio, è molto più utile di quanto non sembri.

  • Esprimere le proprie emozioni
    Ci sono molti modi per esprimere le proprie emozioni, soprattutto quando fatichiamo a comunicare con le parole. L’arte è un’ottima soluzione, molte persone introverse, ad esempio, sono dei musicisti sorprendenti. Iniziate a praticare una disciplina artistica così liberamente, per piacere vostro, senza alcun tipo di supervisione o esigenza.

martedì 28 luglio 2015

Medicina Osteopatica



L'Osteopatia, o Medicina Osteopatica, è una filosofia, una scienza e un'arte.
La sua filosofia comprende il concetto di unità di struttura e di funzione del corpo, in salute e in malattia. La sua scienza include le scienze chimiche, fisiche e biologiche in relazione alla conservazione della salute e alla prevenzione, cura e lenimento della malattia. La sua arte è l'applicazione della filosofia e della scienza nella pratica della medicina e chirurgia osteopatica in tutte le sue branche e specialità.
La salute si basa sulla capacità naturale dell'organismo umano di resistere e combattere gli influssi nocivi dell'ambiente e di compensarne gli effetti, di far fronte, con adeguate riserve, allo stress abituale della vita quotidiana e al grave stress occasionale imposto dagli eccessi dell'ambiente e dell'attività.
La malattia comincia quando questa capacità naturale si riduce o quando viene superata o sopraffatta da influenze nocive.
La Medicina Osteopatica riconosce che molti fattori indeboliscono questa capacità e la naturale tendenza al recupero, e che fra i fattori più importanti ci sono disturbi locali e lesioni del sistema muscolo-scheletrico. La Medicina Osteopatica si occupa quindi di liberare e sviluppare tutte le risorse su cui si fonda la capacità di resistenza e recupero, riconoscendo così la validità dell'antica considerazione secondo cui il medico ha a che fare con un paziente, oltre che con una malattia.
I quattro principi chiave della filosofia osteopatica sono:
- Il corpo è un'unità; la persona è un'unità di corpo, mente e spirito.
- Il corpo è capace di autoregolazione, di autoguarigione e di conservazione della salute.
- La struttura e la funzione sono in relazione reciproca.
- Una terapia razionale poggia sulla comprensione dei principi base dell'unità del corpo, dell'autoregolazione e dell'interrelazione di struttura e funzione.
1° principio:
In qualità di essere umano, ognuno di noi è un'espressione di unità di corpo, mente e spirito. La persona è regolata, coordinata e integrata attraverso le funzioni interdipendenti dei sistemi anatomici, fisiologici e psicosociali collegati. Ogni separazione a scopo diagnostico, curativo, didattico o di dibattito è sempre artificiale.
Dal punto di vista anatomico, tutte le strutture corporee sono avvolte dal tessuto connettivo o fasce, che le rende contigue e meccanicamente interdipendenti. Da un punto di vista fisiologico, la sinergia delle funzioni corporee è facilitata dai sistemi nervoso e circolatorio, che consentono la comunicazione e l'interazione fra i vari apparati del corpo. Inoltre, sappiamo che i sistemi endocrino, immunitario e muscolo-scheletrico interagiscono, riflettono e rispondono ad ambienti ed eventi interni ed esterni come un'unità integrata.
Questi concetti suggeriscono che sia gli stati di salute che le alterazioni della fisiologia sono intimamente connessi a fattori fisici, mentali, emotivi e spirituali. Quando un componente è sottoposto a tensione o è alterato, anche altri vengono colpiti e reagiscono di conseguenza. Un danno o uno squilibrio in un'area alterano struttura e funzione in tutto l'organismo.
Attraverso la comprensione di questo principio fondamentale di unità del corpo l’osteopata è in grado di valutare e curare il paziente nella sua interezza e nel contesto della sua vita. Lungi dal considerare il paziente come un contenitore di malattia, l’osteopata cerca di capire in che modo la condizione del paziente nel suo insieme ha deviato dalla salute e come la malattia può esserne derivata.
2° principio:
L'organismo umano è dotato di autoregolazione intrinseca. In condizioni ottimali, il corpo, la mente e lo spirito lavorano al massimo grado per conservare la salute e per guarire. Questo principio rappresenta diverse idee importanti che si trovano nell'osteopatia tradizionale: regolazione omeostatica , circolazione corretta (il ruolo dell'arteria è dominante), buona alimentazione e una sana vita psicologica e spirituale.
Still suggerisce: "il corpo umano contiene al suo interno la capacità di guarire. Se questa capacità viene riconosciuta e normalizzata, si può sia prevenire che curare la malattia".
La salute è il conseguimento adattabile e ottimale del benessere fisico, mentale, emotivo e spirituale. Si basa sulla nostra naturale capacità di affrontare, con riserve adeguate, gli stress abituali della vita quotidiana e i gravi stress occasionali imposti dagli eccessi dell'ambiente e dell'attività.
Una corretta circolazione era per Still di somma importanza. Uno dei suoi aforismi più citati è: "il ruolo dominante dell'arteria deve essere assoluto, universale e non ostacolato, oppure ne conseguirà la malattia".
Da allora, la medicina moderna ha finito col riconoscere il ruolo della circolazione nella conservazione della salute e nella cura della malattia cronica.
3° principio:
"La struttura determina la funzione", "la struttura e la funzione sono in relazione reciproca".
Tale principio riconosce il posto speciale occupato dal sistema muscolo-scheletrico fra i sistemi del corpo e la sua relazione con la salute della persona. L’osteopata capisce che il sistema neuro-muscolo-scheletrico, grazie alla relazione interdipendente di struttura e funzione, può influire positivamente o negativamente sulla guarigione e sui meccanismi di mantenimento della salute.
Una struttura anomala conduce ad una funzione anomala, e viceversa.
4° principio:
La chiave per un'efficace applicazione dei principi è la consapevolezza del fatto che ciò che noi identifichiamo e definiamo malattia non è l'invasione dell'ospite da parte di una entità eziologica in qualche modo classificabile, ma è piuttosto una caduta della capacità di automantenimento del corpo.
Still non si stancava di ripetere che la malattia è un effetto, e non una causa, della disfunzione, o della condizione patologica.
Nel prendersi cura di tutta la persona l’osteopata ben preparato va al di là dei disturbi manifesti, al di là dell'alleviare i sintomi, al di là dell'identificazione dell'affezione dell'organo colpito, della disfunzione, o della patologia, per quanto siano importanti per la cura globale. L’osteopata esplora anche, nella persona e nella vita della persona, quei fattori che possono aver contribuito alla malattia e che, debitamente modificati, compensati o eliminati, possono favorire il recupero, prevenire le ricadute e migliorare la salute in generale.
L’osteopata seleziona quel fattore o quella combinazione di fattori che sono prontamente soggetti a cambiamento e il cui impatto sarebbe sufficiente a far pendere la bilancia verso il recupero della salute e il miglioramento.
La pratica della Medicina Osteopatica è, essenzialmente, il potenziamento delle risorse individuali e intrinseche di mantenimento e recupero della salute. I metodi e gli agenti utilizzati sono quelli che risultano efficaci nell'accrescere i fattori favorevoli e ridurre o eliminare i fattori sfavorevoli che colpiscono ogni individuo.
L’arte e la scienza della Medicina Osteopatica si esprimono nell'identificazione e nella selezione di quei fattori, presenti in ogni individuo, accessibili e soggetti al cambiamento e che, quando il cambiamento si verifica, potenziano in modo decisivo le risorse individuali di supporto alla salute.
“Foundations of Osteopathic Medicine”

martedì 7 luglio 2015

Mal di schiena post parto



Il mal di schiena nelle donne dopo il parto diminuisce del 70 per cento grazie al trattamento manipolativo osteopatico. E' quanto emerso da una ricerca pubblicata in questi giorni sul prestigioso Journal of American Osteopathic Association, condotta da ricercatori del German College of Osteopathic Medicine su un campione di 80 neomamme di età compresa tra i 18 e i 42 anni.
Qui lo studio sul Journal of American Osteopathic Association.
Circa il 50 per cento delle donne andrà incontro a lombalgie durante o dopo la gravidanza, con ricadute significative sulla qualità della vita. “I sintomi possono comparire durante il primo trimestre di gravidanza o svilupparsi fino travaglio o il parto” spiegano gli autori dello studio, che nella loro revisione sistematica di 28 studi, hanno scoperto che circa il 45 per cento di tutte le donne in stato di gravidanza e il 25 per cento delle neo mamme hanno sofferto il mal di schiena.
Divise equamente in 40 donne nel gruppo di studio (trattamento manipolativo osteopatico) e 40 nel gruppo di controllo, le mamme reclutate - durato 8 settimane - avevano caratteristiche cliniche e demografiche simili. Le condizioni più frequentemente riportate sono state: incontinenza urinaria (18%), cefalea (16%), dispareunia (14%), emorroidi (14%), e l'incontinenza anale (4 %).
La differenza nei cambiamenti longitudinali durante le 8 settimane di studio rilevate attraverso una scala VAS per la misurazione dell'intensità del dolore, si è mostrata significativamente più pronunciata nel gruppo di studio (OMT) rispetto al gruppo di controllo, con una riduzione significativa del dolore nelle donne sottoposte a trattamento manipolativo osteopatico: da 7.3 a 2.0 in 8 settimane, che corrisponde ad un miglioramento del 73 per cento.
Esiti positivi sono stati rilevati anche per quanto riguarda aspetti di disabilità funzionale nella vita quotidiana, per i quali l'Osteopatia si è dimostrata efficace nel 75 per cento dei casi.
“Alla visita di controllo, tre mesi dopo la fine del OMT – si legge nello studio - l'intensità del dolore e la disabilità erano ulteriormente migliorati, con un calo dell'intensità del dolore medio sulla scala VAS da 2.0 a 1.6”.
I partecipanti non sono stati autorizzati a ricevere alcun trattamento aggiuntivo (vale a dire farmaci, terapia fisica, o altre fonti di sollievo dal dolore) durante il periodo di studio; l'Osteopatia ha dimostrato di essere efficace da sola, senza l'ausilio di alcun'altra terapia.